MOTORE RESTAURATO A NUOVO La storia delle dune buggy nasce praticamente con quella dell'automobile stessa, ed è un fenomeno che fino ad un certo punto della sua evoluzione rimane tipicamente americano.Già negli anni venti e trenta, infatti, i giovani che vivevano sulle coste statunitensi erano
soliti mischiare pezzi di motocoltivatrici e rottami di vecchie Ford T per esplorare le zone sabbiose. Il segreto per galleggiare sulla sabbia erano le ruote larghe ed i primi esemplari erano equipaggiati di grossi tini di legno al posto delle gomme. Con l'andare del tempo l'affinarsi delle
automobili creò una offerta di rottami sempre più potenti da cui attingere e le dune buggy mutarono forma diventando negli anni '50 e '60 dei telai automobilistici modificati e privi di carrozzeria, dotati di potentissimi motori 8 cilindri. Arrivarono poi in America le Volkswagen Maggiolino,
importate in gran numero. Qualcuno per caso si accorse che la motricità e la leggerezza di queste vetture erano favorevoli alla marcia sulla sabbia. Creare una dune buggy partendo da un maggiolino era molto facile: bastava buttare via la carrozzeria e viaggiare solo con il telaio, munito di enormi
pneumatici a bassa pressione. Venne poi Bruce Meyers, e tutto cambiò. Meyers si mise in testa di dare una carrozzeria ai rozzi telai che venivano usati per saltare sulle dune. Ci riuscì talmente bene che la sua Manx nel 1964 creò nell'immaginario collettivo l'idea di dune buggy come tutti la
conosciamo oggi: motore scoperto, gomme larghe e fari esterni, fiancate ad onda, niente porte né cofani. La moda dei dune buggy si diffuse fino in Italia, infatti nei primi anni '70 la carrozzeria Helvetia nei pressi di Milano, iniziò a produrre un Buggy con gli stampi provenienti dalla Americana
Kiote, tale modello si discostava leggermente dagli schemi abituali dei Buggies, in quanto i gruppi ottici anteriori erano alloggiati nella carrozzeria, nel '71 veniva proposta con meccanica revisionata a lire 1.580.000